Recensione del Cd Rinascimento Roma in Jazz e 4arts
Il Jazz Tango è stato ed è un fenomeno che ha visto importanti protagonisti di numerosi album di storica rilevanza, distinti da una tecnica agile, da cavate di gran rilievo e plasticità, da elegiache profondità del registro medio-grave che hanno valorizzato colori tenui e voluminosi, ombreggiati in emozionanti percorsi interiori che hanno sondato ogni aspetto della sensibilità e dell’oscura emotività dei Barrios cantati come Vicende Inedite, come documenti innovatori di un impressionismo astratto e di “regioni” dell’anima invocate come Esodo dall’Effimero in un linguaggio limpido, vivace e naturale. Fra questi, la seducente eccentricità di Astor Piazzolla, il vigore creativo del “Gotan Project” e di “Tanghetto”, il modernismo di “Bajofondo”. Il Quinteto Porteño descrive un’appassionata scansione dell’ Età Contemporanea, anima i sentimenti più diversi, gestisce una movenza d’assieme che torna alle radici della ragione musicale di un’Avanguardia che da Astor Piazzolla ha preso le mosse, intuendone le Forme con l’umiltà di chi ne conosce i dissensi e la formazione classica, interpretandone il Piano Popolare e lo stile spiccatamente ritmico con movenze affettive e assolutamente contemporanee. Il Nuevo Tango rivive nell’improvvisazione emotiva dei 9 pentagrammi originali, nel progredire di un’esecuzione “triste” e sinuosamente jazzistica (“Quintedia”), nell’esegesi di passi lirici, leggeri e aforisitici (“Rinascimento”), nell’immaginazione di Armonie Moderne ed Elegiache (“Il sole sopra le nuvole”), nell’animazione di interventi ampi e discreti, interpretati secondo flessioni Blue (“Milonga de Porto”), dando generosamente spazio a Melodie inquiete, ad emozioni multicolori che nel Tango hanno costruito metafore d’accenti e di racconti nati da una Filosofia del Tempo (Perduto) e da un Linguaggio vivo di Culture che oltrepassano i confini della sua Terra d’origine biologica (“Tango 7”, “Ciò che muove il Mondo”) per muovere ai passi, come i danzatori che ne rappresentano da più d’un secolo l’iconografia, del Kletzmer, del Balcanico, del Folk mediterraneo, dei “canti semplici” nei Conventillos benarensi abitati fin dal 1880 da immigrati spagnoli, russi, tedeschi e italiani (“Milonga dell’incoerenza”, “Il sogno abbandonato”). Dire del Tango che è “un pensiero triste che si balla” ( così Enrique Santos Discépolo, paroliere di Carlos Gardel, il più amato tra i cantori della “barrida” e della “balesita”) è fin troppo riduttivo. La Forma del Tango vive di elementi anche molto distanti tra loro, che attendono null’altro che fondersi in suo nome. Questo, fra Valzer, Mazurca e Polka, suonano come “compagni di strada” i Cinque del Quinteto Porteño in un “conjunto” che si alimenta di tristezza e di ogni felicità smarrita, come insegnano i poeti dei Tempi Binari, in quanto la Felicità è per definizione effimera, illusoria, irrisoria. Una specificità del “Tango cançion” è l’uso di una lingua particolare, il Lunfardo; questo Idioma, nato con molta probabilità come gergo per non farsi capire soprattutto dalla polizia, è nei vocaboli “gomìa” (amigo),” troesma” (maestro, per antonomasia Gardel) e, naturalmente “gotàn” (tango). Tale torna in “Estango” come tal era in “Libertango”e “Violentango” di Piazzolla, chiosandone la caratteristica fondamentale, il Pastiche linguistico che in Musica è l’improvvisazione, parte integrante di questa Tekhnè e di questo ballo; senza di essa non si danza, si può solo ripetere una sequenza, un insieme di passi già conosciuti; ma se il ballo è anche imitazione del Vero è bene comunque sottolineare che non è solo questo, semmai un interpretare il Mélos in Armonie non Verbali in cui l’Uomo non preclude a se stesso alcuna possibilità di Movimento, soprattutto interiore. Immaginiamo in tal senso il rapido e tumultuoso volgere della Coreografia ideale di Nicola Milan, nel cui Finale la Passione cede all’improvvisazione ipnotica di un Tempo (“Estate e Tango”) che non può e non intende spiegare i movimenti di un Gesto magnetico individuale di Ri-Nascita e Rinascimento, per l’appunto. Del Quinteto incanta l’Improvvisazione, Parola che direbbe Ragioni che risulterebbero alquanto complesse e in più forse svantaggiose; ciò che sappiamo è che essa è usata, nel Tango come in molte altre forme d’arte, per agitare, per sperimentare, per stupire. Il Nuevo che fu di Piazzolla è tutto in quel segreto che loro conoscono, e che esiste in quell’istante sovrannaturale che si si crea tra passo e passo. Come ebbe a dire Carlos Gavito: “Rendere l’impossibile una cosa possibile: ballare il silenzio”.
Fabrizio Ciccarelli per Roma in Jazz e 4arts